“Ho sognato di vivere con Ted e questo sogno è finito” ( storia di Assia)

assia.2jpgMia figlia ha letto le prime due “puntate” della storia di Sylvia Plath e Ted Hughes pubblicate nei giorni scorsi nel blog “ILMESTIERE DI LEGGERE”:

Un cavallo da corsa in un mondo senza piste

Vede signora, io sua figlia l’ho sempre amata

Mi ha scritto una email di cui riporto alcuni brani:

Com’è che ti è saltato in testa di raccontare questa storia così triste? Quanto ci hai messo a documentarti? “Non poteva che essere un uomo a difendere un uomo che lascia la moglie con due bimbi piccoli per seguire un’altra. Io sarei certamente più portata per il ruolo di Assia (o almeno lo spero), se non altro per la scena del forno. Ma i figli si salvarono?”

Le ho risposto, fornendole alcune informazioni sul seguito della triste vicenda, che a questo punto estendo anche ai miei “25 lettori”:

Giulia, la storia mi aveva sempre colpito, poi ho letto un articolo, che però la commentava senza raccontarne molti particolari ( come se fossero conosciuti ai più).

Così mi è venuta voglia di scrivere un testo un po’ più completo di quelli che solitamente escono sui giornali.

Ho letto diverse cose ( poesie dei due, diari di lei, voci) e ho trovato molto materiale anche in Internet.

Moltissime le foto , che sono poi il bello del pezzo.

assia3jpg

La storia di quei due emerge in maniera netta e quasi oggettiva proprio dalle foto :

– lei sfolgorante prima degli affanni della vita domestica e della maternità, poi appiattita e quasi banale, molto “donnetta ” e poco “poetessa”

– lui fascinoso e tenebroso dall’inizio alla fine, predatore e predato, probabilmente capace di resistere a tutto tranne che alle tentazioni, come avrebbe detto Wilde

– Assia con il suo fascino alla Charlotte Rampling, destinata ad essere forse più catalizzatrice che motore degli eventi

Vengo alla tua accusa ingiusta. Non difendo Ted, cerco solo di capire senza dare giudizi.

Anche perchè è difficilissimo.

Però devi sapere alcune cose, prima di prendere allegramente in carico il ruolo di Assia.

Dopo la morte della Plath, Hughes e Assia si trasferiscono insieme ai figli di lui nell’appartamento londinese di Sylvia, per poi traslocare a Court Green, la casa nel Devon.

ted-hughes-con Assia

Assia e’ incalzata e ossessiona dal “fantasma” di Sylvia.

Legge senza posa i suoi scritti, usa persino i suoi oggetti Arriva ascrivere nel suo diario : “Sylvia mi sta crescendo dentro, enorme, magnifica. E io mi sto seccando, rimpicciolendo. Entrambi [Sylvia e Ted] mi finiscono a morsi. Si nutrono di me”.

assia shura

Poi ha addirittura una figlia con Ted, Shura. Si butta nel ruolo di madre.

Non solo nei confronti della sua bambina, ma anche nei confronti dei figli di Sylvia, Frida e Nicholas: “Ho sbaciucchiato il collo di Nick ancora e ancora. Mi fa impazzire il modo in cui questo lo fa ridere” ..“È fantastico come dei bambini, nemmeno miei, abbiano circondato la mia vita. Questi bambini mi piacciono, mi piacciono molto.

Se i bambini le danno gioia, sente molta amarezza per l’ostilità che scopertamente le manifestano i genitori di Ted.

Scrive ad un’amica:

“Ted è esausto per la guerra tra i suoi genitori e me, e sembra che di tutte le persone coinvolte, io sia quella di cui può fare più facilmente a meno.”

Purtroppo per lei, non sbaglia la previsione.

AssiaWevill.web

Poco dopo Hughes decide di allontanare Assia e Shura.

Assia si ritrova di nuovo a Londra senza né casa né lavoro, con una bambina ancora molto piccola.

E qui veniamo all’aspetto che mi ha colpito di più in tutta la storia che è questo: Ted le passa del denaro, ma esige che la cosa abbia la forma di un prestito e pretende che i suoi versamenti vengano annotati con tanto di scadenze fissate per la restituzione!

Ma Assia continua ad essere innamorata di lui e a sperare di tornare a vivere con lui e i suoi figli. Ecco il testo di una delle sue lettere disperate:

“Ti scrivo dall’esofago, dalla mia gola e dalla mia enorme, sempre aperta ferita.

Scrivo alle tue mani grandi, alla pura bellezza all’interno dei tuoi polsi, ai tuoi occhi dei momenti felici.

Non ti scrivo dal cervello, ma da sotto il mio esofago.

Voglio sapere se vuoi riparare le cose fra noi perché mi ami ancora, perché senti ancora quella forza primitiva che ci unisce… o se mi vuoi solo come istitutrice per aiutarti a crescere i tuoi figli. Ho ancora la forte speranza che ci si possa costruire una vita felice, piena d’amore.

So di amarti ancora con la mia testa, e il mio corpo e la mia vita, mio adorato Ted. Apriti, apriti a me come facevi un tempo. E insieme a te fiorirò di nuovo, e potrò prendermi cura di te, darti tutto quello che ho… Fino ad oggi, tutti, tranne te, hanno dettato legge sulla nostra vita. Abbiamo bisogno di stare per conto nostro…

Sento così tanto amore per te, per la tua parte migliore. Ti ammiro e ho paura di te, del potere che eserciti su di me. Nessun altro uomo ha avuto tanto potere sulla donna che è in me. Contraccambia questo mio amore e, se non ne sei capace, allora dimmelo, lasciami andare con quel poco di pace che saprò salvare.”

TedHughes2

Quando si convince che non c’è nulla da fare decide che è arrivato il momento di chiudere.

La sera del 23 marzo 1969, Assia trascina un materasso in cucina, sigilla porta e finestra, depone sul materasso la sua bimba addormentata, sciolse del sonnifero in un bicchier d’acqua e, dopo averlo bevuto, apre il rubinetto del gas e si sdraia accanto allla figlia ad aspettare la morte.

Lascia due lettere.

La prima è per Ted, ma non ne conosciamo il contenuto.

La seconda è per il padre.

Ecco un brano di quella lettera:

“Ho sognato di vivere con Ted e questo sogno è finito. I motivi ora non hanno più valore. Non ci potrebbe mai essere un altro uomo. Mai. Ti assicuro, non avresti potuto augurarmi altri trent’anni di questa vita, non credi?… Grazie per tutto l’amore che mi hai sempre dimostrato. Ti ho amato tantissimo, non disperarti per me. Credimi, ho fatto la cosa più giusta… La vita sarebbe stata infinitamente, infinitamente peggiore. Ho vissuto abbastanza a lungo. È necessario capire quando non c’è più motivo per continuare… Ti prego, non pensare che la mia sia pazzia, che abbia fatto questo in un momento di pura follia. I conti sono semplici e tornano. E non avrei potuto abbandonare Shura lasciandola da sola.”


Posso dirti una cosa, Giulia? La fine di Assia mi sconvolge ancora di più di quella di Sylvia.

Sylvia ha il grandissimo conforto del suo talento. Penso, forse sbagliando, che in fondo poteva farcela, rinascere un’altra volta grazie alla sua arte. Assia questo conforto non ce l’ha. E’ molto più fragile e indifesa.

Ultima notizia della sera ( ma lo scrivevo anche nel primo post): è morto suicida pochi mesi fa, a quarantasette anni, anche il “piccolo” Nicolas, il secondo figlio di Sylvia e Ted.

ted-hughes-1971

Capisco comunque le tue perplessità su Ted: se è innocente, deve comunque spiegarci la statistica negativa che lo accompagna: di cinque persone importanti che ha incontrato nella sua vita tre sono morte per suicidio ( diventano quattro con l’incolpevole Shura).

O capitano tutte a lui oppure è lui è lui che capita come un guaio di notte a tutti questi poveretti!

La verità, come spesso accade, sta nel mezzo: Ted è affamato di vita, Sylvia sente il rihiamo fortissimo della morte.

Quando i due si incontrano, va tutto bene perchè Sylvia è in uno di quei momenti che lei stessa definisce di “rinascita”.

Come acutamente ha scritto un’amica di Facebook, è una specie di Lazzaro. Pronta a risorgere.

Ma se sei Lazzaro, quante probabilità hai che Gesù passi in continuazione dalle tue parti?

ted giovane8Ted quindi lascia Sylvia e poi Assia perchè, attaccato alla vita com’è, prova sgomento e orrore per il loro “attaccamento alla morte.”

Sicuramente è un egoista, uno che tira dritto per la sua strada.

Ed è anche un uomo meschino, se sono vere le notizie che ho raccolto sui “prestiti” fatti ad Assia.

Eppure è lo stesso uomo che dà voce alla ( seconda) compagna morta (per lui) con queste parole ( sono i versi di attaco della poesia GAS):

La bocca del forno è un animale buono,

lo sbadiglio di un cane sdentato.

La cucina è igienica come un crematorio.

Il gas è una sciarpa di seta nell’aria,

ha l’odore pungente delle ascelle di Ted.

Shura dorme attaccata alla mia schiena.

È un piccolo innesto.

Una farfalla nella coperta;

il suo respiro è una garza.

Fuori la luna imbianca

la potatura senza sangue degli alberi.

Il prato è cangiante come una pellicola esposta.

Due pastiglie, perfette come una comunione

e orbito fuori dal mondo.

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E infine è lo stesso che in “Lettere del compleanno”, la sua ultima raccolta di poesie uscite trent’anni dopo la morte della moglie  si giustifica così con lei per avere scelto di andarsene con Assia:

“Non la trovammo noi – fu lei che ci trovò.
Ci scovò a fiuto. Il Destino che portava
ci scovò
e ci riunì, ingredienti inerti
per il suo esperimento.
La Favola che portava
requisì te, me e lei,
marionette per la sua rappresentazione”.


So benissimo cosa stai pensando, Giulia: destino, ingredienti inerti, marionette, ma cosa ci racconta questo signore ? chi crede di prendere in giro solo perchè è bravo a maneggiare le parole? Non potrebbe una volta tanto parlare di scelte e di responsabilità?

E che ti debbo dire? Forse hai ragione pure tu…

NOTA:

MOLTE DELLE INFORMAZIONI CONTENUTE IN QUESTA NOTA SONO STATE TRATTE DA UN TESTO DI DANIELA RAIMONDI

Vivere e morire nell’ombra di Sylvia Plath – di Daniela RAIMONDI

 



6 comments

  1. Ma certo che ha ragione Giulia, caro Filippo! Questo Ted è la quintessenza del narciso egoista egocentrico che è bravo(a volte anche bravissimo, geniale) nel suo mestiere e del resto non gli e ne può “fregà de meno” come dicono nella mia Roma. Come certamente saprai tutti i geni sono così. Anzi, più grandi sono, più assomigliano a Ted. Visto che evochi i “25 lettori”,ti chiedo? Sai che padre snaturato fosse uno dei più grandi scrittori italiani di tutti i tempi? Sai che si rifiutò di dare in un inverno particolarmente gelido delle coperte- ripeto non soldi, ma coperte-al figlio (non ricordo se Enrico o Filippo)che gli servivano per i suoi figlioletti ? E che alla piccola Matilde(malata di TBC), che glielo chiedeva con lettere accorate e strazianti, prometteva sempre di andarla a trovare in Toscana (dove si trovava per curarsi) e non lo fece mai? Cosicchè Matilde morì senza aver visto l’adorato padre… Di episodi così ce n’è a bizzeffe nella storia privata dei genii . Sai delle lettere di Einstein alla moglie (non meno meschine delle pretese relative a prestiti di TEd)?E di Marx? Sai come trattò la figlia illegittima, Therese, avuta dalla fantesca? Fermiamoci qui. Conclusione: Genii sì, ma pezzi di m… anche. Forse per questo sono felice del mio stato. Non sono un genio, è vero, ma sono felice e orgoglioso di essere un padre e un marito amorevole.
    P.S. Piacere, Giulia

    1. Leggendo il libro di Lella Ravasi Bellocchio “La lunga attesa dell’angelo” ho conosciuto una poesia di Sylvia Plath e ho voluto cercare informazioni su di lei..non avrei mai pensato di trovare materiale così meticolosamente raccolto, dal punto di vista di tanti protagonisti, sempre a confermare la nostra essenza di esseri umani interdipendenti.
      Grazie a Filippo Cusumano, ma grazie anche a Giulia e ad Onofrio Pirrotta…
      Senza avere il talento della grande scrittrice conosco il mondo interiore inquieto e devastato che l’ha accompagnata ritrovando quei “demoni”, che assalgono all’improvviso, anche dentro la mia anima. La storia di ogni essere umano non è confrontabile con quella di nessun altro, le variabili in gioco sono infinite e peculiari e le fragilità, il senso di responsabilità, l’attrazione verso la vita o verso la morte sono doni gettati a pioggia nell’anima di tutti, ma con dosaggi diversi e soprattutto in combinazione con incontri, relazioni umane ed eventi casuali, più o meno fortunosi che possono giocare a favore o sfavore nel rendere il mix di doni esplosivo di energia vitale o implosivo di energia suicidaria. Cercare colpe più o meno distribuite che sicuramente ci sono e hanno il loro peso credo però significhi per l’ennesima volta costringere negli spazi stretti e angusti della sola razionalità aliti di identità che nella razionalità pura non possono esprimersi: il dolore ci attraversa, come ha attraversato la vita della Plath e degli altri protagonisti della sua vicenda, ma bisogna apprendere la forza e la capacità di stare davanti al dolore, espressione spesso del non senso…la depressione e le patologie psicotiche sono brutte compagnie, ma chi aiutò Sylvia a imparare a conviverci? E’ una strada così lunga… Forse suo marito non aveva la capacità interiore per stare accanto a un male come quello?: quando ho le mie crisi mi rendo conto che chiunque mi vuole bene scapperebbe via…solo io posso stare con me stessa ad ascoltare quell’urlo atroce, o al massimo la psicanalista che mi conosce ma non ha con me uno stretto legame affettivo. Non si può chiedere a mariti, figli, madri o padri di saper affrontare i dolori profondi del nostro mondo psichico. Solo chi ci è già passato può starci senza spaventarsi (e in una società come la nostra, nata dalla rivoluzione industriale e culminata nella efficientistica società dell’informazione, chi non si vergognerebbe di dire che attraversa meandri oscuri dentro di sè?).
      Credo che vite come queste vadano guardate, ascoltate e accolte senza cercare spiegazioni, o interpretazioni se non nella direzione di nutrire dentro di sè quel sentimento di compassione, nel senso di “patire con”, di impotente vicinanza nel dolore, che tanto stiamo perdendo.

  2. Filippo, i tuoi post su Sylvia e Ted sono molto coinvolgenti nella loro trama di parole e di immagini, dove l’iconografia è parte integrante del racconto, sintesi di parole, sintesi del “non detto”. Come sottofondo alle immagini e alle parole ci starebbe bene l’inesorabile cadenza di un hard bop fine anni ’50: hai mai pensato ad un reading con musica nel corso dei tuoi vernissage? Come il discorso musicale infatti anche quel lamento d’amore e morte che è la storia di Sylvia, Ted e Assia ha una sua fatalità: l’incontro di esistenze infelici che non risolve il dolore e che non crea la felicità, la favola che le riunisce per distruggerle. E purtroppo nel loro caso non fu solo letteratura.
    Buone vacanze baltiche!
    Ciao,
    Mauro

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